Lo scorso aprile l'IDéeSse Club ha organizzato un raid da Firenze a Parigi per visitare il Conservatoire Citroën, il "deposito" dove la Casa francese sta collezionando i più importanti cimeli della propria gloriosa storia e dove sono custoditi molti dei prototipi della Marca.
I Soci IDéeSse hanno potuto godere di un trattamento di favore: lo stesso Denis Huille, responsabile del patrimonio della marca, è stato la nostra guida attraverso novant'anni di veicoli e cimeli ed è grazie alla sua presenza che abbiamo potuto alzare alcuni cofani, in particolare quello di una curiosa DS21 nera, equipaggiata con una strana mascherina che comprendeva parte del cofano motore.
«L'abbiamo trovata poco tempo fa qui ad Aulnay, ma non sappiamo esattamente cosa sia»...
Nel vano motore davanti a noi c'era effettivamente tanta roba: due batterie a sei volts collegate in serie, il serbatoio dell'LHM spostato in alto dal lato conducente, tanti fili che andavano ad altrettante sonde, una strana "pentola a pressione" che faceva parte di un altrettanto strano impianto di scarico, completato da vari rigonfiamenti posti qua e la lungo le tubazioni. Il più vicino a noi attoniti spettatori aveva addirittura una candela d'accensione piantata da un lato...
In effetti il mistero è rimasto tale per pochi secondi: è bastato guardare un po' più in basso sotto alle "pentole" per capire che quello che occupava interamente il cofano di quella strana DS era il motore "type P1", uno dei più interessanti esperimenti motoristici portati avanti da Citroën tra gli anni '50 ed i primi '70!
Tutto risale al periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale quando un brillante ingegnere meccanico di nome Jacques Nogarou iniziò a pensare ad un'alternativa al classico motore a ciclo otto.
Nogarou era entrato in Citroën nel 1938 per guidare una sorta di centro studi parallelo a quello "ufficiale", sotto il comando diretto di Pierre Boulanger, allora "presidente direttore generale" di Citroën. Boulanger pensava che un secondo centro studi (denomianto Ecole Centale) tale da permettere a Citroën uno sviluppo indipendentemente dal Bureau d'Etude, sino a quel momento guidato (ma non diretto, "perché aveva di meglio da fare") da André Lefèbvre, geniale padre di Traction, 2Cv, DS e concettualmente anche di SM, GS e CX, vetture nate dopo la sua morte ma perfettamente legate ai principi enunciati da Lefèbvre.
A differenza di André Lefebvre che amava ripetere "un motore oggi non è che un macinacaffè: funziona con la stessa monotonia", Nogarou amava la "bella meccanica" ed ancor prima della guerra pensava ad un propulsore ad iniezione e realizzerà per Citroën un motore monocilindrico perfettamente funzionante con questo tipo di alimentazione. La chiamata alle armi arriverà per lui nel 1939 ma potrà tornare al suo lavoro un anno più tardi, nell'ottobre del 1940, riprendendo lo studio dell'iniezione di benzina. Lavorando sino a tarda notte, Nogarou passerà presto da monocilindrico ad un bel sei cilindri in linea, sotto il naso dei tedeschi che occupavano gli stabilimenti di Parigi. Non pago del risultato (che andrà presto a motorizzare alcuni veicoli pesanti del Double Chevron), Nogarou inizia a pensare ad un motore a due tempi ad iniezione sovralimentato...
Tra il 1950 ed il 1967 furono sperimentati vari propulsori, lo stesso Lefébvre ebbe modo di provarne uno su un prototipo di quella che sarebbe diventata la DS19. Alla fine degli anni '60 il motore due tempi arrivò alla sua maturità rivelandosi finalmente longevo ed affidabile.
«Fu Castelgeau a definire un profilo di rendimento ottimale per il nostro compressore» racconta Nogarou a Roger Brioult nel suo "Citroën: l'histoire et les secrets de son bureau d'études" (vedi fonti), «all'inizio avevamo un compressore Roots con un profilo normale in sviluppo, ma grazie agli studi di Castelgeau ottenemmo un rendimento nell'ordine del 65% che è eccellente per un piccolo compressore di questo genere».
Ci troviamo quindi davanti ad un motore a due tempi ben equilibrato grazie ad un'architettura a quattro cilindri a V, alimentato tramite iniezione diretta grazie ad un sistema pompa-dosatore-distributore ed iniettori sviluppato direttamente da Citroën perché «del resto non c'era sul mercato niente di adatto», ricorda Nogarou. Il compressore per la sovralimentazione è collocato di lato e mosso da un motore indipendente a quattro tempi con albero a camme in testa.
Con una cilindrata complessiva di circa due litri (1800cc per il motore principale e 200cc per il motore che muove il compressore) si ottenevano più di centoventi cavalli (contro i cento circa di una DS21 equipaggiato col motore di 2175cc, ma ciò che era realmente sorprendente era la coppia: grazie al compressore indipendente, il motore di Nogarou sviluppava ben ottantacinque cavalli già a duemila giri. «ovviamente, -dice Nogarou- dal punto di vista ciclico, il nostro motore equivale ad un otto cilindri a V mentre per compattezza si può equiparare ad un motore a pistone rotativo della GS Birotor, d'altronde uno studio dell'epoca per un vettura che avrebbe rimpiazzato la DS (e che sarebbe divenuta la CX) prevedeva sia il motore birotor che quello a due tempi».
La lubrificazione avveniva come in un tradizionale motore a quattro tempi, con l'olio nel carter inferiore, l'alimentazione avveniva a benzina super senza miscelazione d'olio: i cilindri erano lubrificati grazie ad un forellino posto lungo la canna che permetteva all'olio di raggiungere i pistoni ed evitare grippaggi. Il consumo d'olio era insignificante.
La trasmissione utilizzata sul motore a due tempi era di tipo “andata e ritorno”: c'era un albero cavo collegato al convertitore di coppia idraulico che tramite un secondo albero centrale rinviava il movimento al differenziale. Sebbene inizialmente il prototipo fosse dotato di un cambio automatico a due marce a comando elettronico (sviluppato da Ducrot), grazie alla curva di potenza decisamente piatta, fu possibile eliminarlo del tutto: un selettore a lato del volante permetteva di scegliere la marcia avanti o quella indietro! La coppia del motore due tempi era di circa 30daNm quando il propulsore classico della DS21 ne erogava soltanto 15.
Anche dal punto di vista dei consumi il motore a due tempi si rivelò interessantissimo: ricorda Nogarou che «il consumo era paragonabile a quello di una ID20, giudicata all'epoca “economica” mentre le prestazioni superavano quelle della DS21. Tutta la direzione era molto interessata al nostro motore. Quello che rimise tutto in discussione fu il problema dell'inquinamento».
Per rendere accettabili le emissioni del nuovo propulsore furono seguite (contemporaneamente) due strade: da un lato di pensò ad un sistema di post-combustione dei gas di scarico, dall'altro fu adottato un sistema che oggi chiameremmo “start&stop” che arrestava il propulsore principale ai semafori, mentre il piccolo motore a quattro tempi che muoveva il compressore continuava a girare trascinando anche alternatore e pompa ad altra pressione. Una semplice pressione sul pedale dell'acceleratore faceva innestare un motorino d'avviamento “a ruota libera” che permetteva l'istantanea messa in funzione del motore principale.
Dal punto di vista dei gas di scarico, il principale problema del motore a due tempi sono gli idrocarburi incombusti: prendendo a paragone un motore tradizionale ad iniezione, troveremo lo stesso tasso d'ossido di carbonio (anche grazie alla miscela povera scelta per alimentare il due tempi), l'ossido di azoto allo scarico sarà ridotto ad un terzo rispetto al motore tradizionale mentre l'emissione di idrocarburi sarà triplicata. Nogarou decise quindi di adottare un sistema di post-combustione per risolvere il problema degli idrocarburi, il principio di funzionamento era semplice: una candela d'accensione incendiava della benzina iniettata assieme ai gas di scarico in una apposita camera lungo la linea di scappamento, poi col normale funzionamento del motore, i gas di scarico riscaldavano la camera di post-combustione che iniziava a funzionare automaticamente senza più bisogno d'iniettare carburante. Grazia questo sistema i gas di scarico uscivano senza il caratteristico odore dei motori a due tempi «ma -sempre secondo Nogarou» con un leggero odore di disinfettante». Risultato: idrocarburi zero, ossido di carbonio zero, ossido d'azoto pari ad un quarto o un terzo rispetto ad un motore tradizionale.
Nel 1972 la DS a motore P1 ed altri veicoli con motori Wankel si imbarcarono a Francoforte per essere collaudati nei laboratori della General Motors: la DS col motore a due tempi risultò il veicoli “più disinquinato” al mondo!
A decretare la fine del motore P1 furono diversi fattori concomitanti: l'arrivo di Peugeot alla guida di Citroën, la crisi economica e petrolifera della prima metà degli anni '70 che obbligò tutti i costruttori a fare i conti coi costi dell'innovazione ed il pensionamento di Nogarou. A chiudere definitivamente la questione fu la stima dei costi: un propulsore P1 con tutti i suoi accessori (convertitore e sistema anti-inquinamento) era ben più costoso di un analogo propulsore di tipo tradizionale.
Oggi la DS con motore P1 fa bella mostra di se al Conservatoire, la rivista Citroscopie ha recentemente pubblicato parte di questa storia ed alcuni disegni dell'epoca ed alcuni ricambi (blocchi cilindri, iniettori ed altro) trovati nel portabagagli della vettura. Una foto degli strumenti di bordo mostra un conta ore fermo su 310 mentre i chilometri percorsi sono solo 347. Sarebbe indubbiamente interessante provare a rimettere in moto il motore P1, speriamo che i budget del Conservatoire permettano tale avventura.
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